Intervista con Salvatore Sagone, presidente di ADC Group e organizzatore del Club degli Eventi e della Live Communication, sulla “rivoluzione” digitale nel settore degli eventi causata dalla pandemia: “è stato un ribaltamento totale, un’evoluzione forzata, ma tutto quello che abbiamo imparato in questi mesi è destinato a rimanere”.
Eventi fisici e virtuali, in presenza o digitali, ibridi o anche phygital. Un anno di lockdown per l’emergenza pandemica ha dato vita ad una serie di nuove definizioni nel settore degli eventi. Ma in futuro, queste distinzioni non avranno più molto senso: si parlerà solo di “eventi”, che avranno tutti una modalità di partecipazione sia in presenza che da remoto. E’ quanto sostiene Salvatore Sagone, presidente e Ceo di ADC Group (www.adcgroup.it), in questa intervista esclusiva a Eventpage Magazine. Sagone è anche l’organizzatore del Club degli Eventi e della Live Communication (www.clubdeglieventi.it) e co-founder di ItaliaLive (www.eventsliveindustry.it).
Un anno di lockdown per l’emergenza pandemica ha cambiato radicalmente il mondo degli eventi, che hanno dovuto affrontare una vera “rivoluzione” digitale. Qual è il suo parere, un anno dopo?
E’ stata ovviamente una trasformazione forzata, obbligatoria, non c’erano alternative. La digitalizzazione degli eventi, però, non è nata in quest’ultimo anno: già prima c’era stato un ampliamento degli eventi all’ambiente digitale, e così l’industria non è stata colta totalmente impreparata. Ciò che è accaduto è che c’è stato un ribaltamento totale, perché l’unica possibilità era quella di utilizzare gli eventi digitali, a parte un breve periodo nel settembre e ottobre dello scorso anno. Questa trasformazione forzata ha messo in discussione il business model delle agenzie specializzare in eventi e le loro fonti di ricavi, che sugli eventi fisici sono più ampi, mentre lo sono meno sugli eventi digitali. All’inizio, si pensava che gli eventi in streaming costassero meno, ma non è così perché necessitano di un’organizzazione e di una struttura dedicate.
E il settore degli eventi cosa ha imparato da questo?
Si è arrivati ad una conclusione, che è anche una certezza: tutto quello che abbiamo imparato in questi mesi è destinato a rimanere, anche se si dovesse tornare ad una piena normalità. Torneremo ad organizzare eventi fisici, magari con un numero minore di persone in presenza, ma il futuro sarà assolutamente “ibrido”. Anche le location si stanno trasformando in studi televisivi, per fare dirette streaming di tipo professionale e avere contenuti ed interventi da remoto. La pandemia ha determinato un’evoluzione forzata, ma anche positiva: sul fronte della sostenibilità, ad esempio, siamo in grado di fare eventi sostenibili, con la possibilità di partecipare da remoto e di viaggiare di meno, se non quando è necessario, riducendo così le emissioni di CO2. Essere presenti fisicamente in alcuni contesti non è necessario, mentre lo è in altri, come nelle fiere e negli eventi consumer. La trasformazione digitale non è un fatto eccezionale, ma è qualcosa che rimarrà e che creerà nuove opportunità alle aziende e alle agenzie specializzate.
Qual è stata la reazione dei vostri clienti? Hanno saputo adeguarsi alle nuove tecnologie digitali?
I clienti hanno capito che c’è differenza tra un meeting su Zoom e un evento digitale, che comporta una complessità organizzativa anche maggiore dell’evento fisico, perché entrano in gioco tutte quelle componenti che sono tipiche di una produzione di un programma tv o di una fiction. Ci sono tecniche e tecnologie che costano, c’è anche il tema della realtà aumentata e virtuale che possono essere utilizzate, e piano piano le aziende lo stanno capendo.
E le fiere? Durante il lockdown, sono nate varie piattaforme per trasformarle in eventi virtuali. Avranno un futuro?
E’ una domanda difficile, è complicato fare previsioni. Parto da un presupposto: l’essere umano è un animale sociale, ha bisogno di contatti, di interazione personale, e questo non si può cancellare. Le fiere manterranno un aspetto digitale per quanto riguarda soprattutto i contenuti, come seminari e convegni, ma per quanto riguarda il confronto, il networking, i rapporti one-to-one, sarà difficile sostituirle con un appuntamento virtuale.
Lei si occupa di varie cose: è presidente e Ceo di ADC Group (che pubblica, tra l’altro, la testata e20express dedicata proprio agli eventi), organizzatore del Club degli Eventi e della Live Communication e anche co-founder di ItaliaLive. In questo anno della “rivoluzione digitale”, come sono cambiate le vostre attività?
Come ADC Group, abbiamo ripensato tutte le nostre attività. Ad esempio, ogni anno organizziamo diversi premi, come i Best Event Awards Italia (Bea Italia) e i Best Event Awards World (Bea World) sui migliori eventi italiani e internazionali, gli NC Awards sulle migliori creatività della nuova comunicazione, i BC&E Awards sui migliori progetti di intrattenimento o informazione prodotti da un brand e i Brand Loyalty Awards dedicati ai migliori progetti di loyalty e di reward. Ebbene, li abbiamo svolti tutti in modalità digitale e hanno avuto molto successo, perché il mercato ha capito la situazione e ci ha seguito con grande interesse. Abbiamo potuto contare su partner tecnologici di alto livello, che ci hanno consentito di tenere tutto in collegamento in streaming senza problemi. Non credo che in futuro continueremo ad organizzare premiazioni totalmente digitali, perché le persone hanno voglia di incontrarsi e di fare networking. Perciò, per il futuro stiamo pensando ad un approccio gradualmente ibrido per tornare alla versione fisica, dove magari i contenuti potranno comunque essere fruiti anche da remoto in modalità interattiva. Come Club degli Eventi e della Live Communication, nell’ultimo anno abbiamo organizzato webinar e appuntamenti digitali per consentirci di fare il punto sulla situazione del mercato, per fare cultura degli eventi e per condividere le esperienze degli associati. Infine con ItaliaLive, il movimento promosso dal Club degli Eventi che riunisce 13 associazioni rappresentative del settore, abbiamo continuato a fare pressione politica nei confronti di chi deve decidere le sorti di questo comparto. Purtroppo, l’attenzione del legislatore è sempre molto scarsa, si pensa che gli eventi aziendali siano qualcosa di superfluo, mentre garantiscono circa 65 miliardi di giro d’affari all’anno e 32 miliardi di contributo al Pil.
Per concludere, un suo sguardo al prossimo futuro degli eventi…
Nell’ultimo anno, si è fatta la distinzione tra evento digitale e evento fisico. In futuro, non ci sarà più questa differenza, la gran parte saranno eventi ibridi. Insomma, la digitalizzazione e le tecnologie saranno date per scontate: li chiameremo semplicemente “eventi”, nella loro modalità fisica e digitale.
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