Intervista con Maurizio Danese, presidente di AEFI (Associazione Esposizioni e Fiere Italiane), sulle “digital edition” organizzate da molte manifestazioni fieristiche italiane durante l’emergenza Covid e sulle prospettive della transizione online di questo settore per il futuro: “La digitalizzazione potrà integrare ma non sostituire il valore aggiunto delle fiere”.
La transizione digitale del mondo delle fiere non si concluderà con la fine della pandemia, ma si affiancherà in futuro alle manifestazioni quando potranno tornare finalmente a svolgersi in presenza. E’ il parere di Maurizio Danese, presidente di AEFI, l’Associazione Esposizioni e Fiere Italiane (www.aefi.it), e anche presidente di Verona Fiere (www.veronafiere.it), in questa intervista esclusiva a Eventpage Magazine. L’AEFI è l’associazione di riferimento delle fiere italiane e rappresenta 41 quartieri fieristici e 1.000 manifestazioni.
Il settore delle fiere è stato pesantemente penalizzato dalle limitazioni per la pandemia, con la cancellazione e il rinvio di importanti manifestazioni, anche internazionali. Qual è il suo bilancio per l’Italia, a quasi un anno dal primo lockdown? Intanto, molti iniziano a guardare con fiducia al prossimo autunno-inverno per una ripresa almeno parziale delle attività fieristiche: che ne pensa?
Il Covid ha avuto l’effetto di uno tsunami. Il bilancio è pesantissimo e a dirlo sono i numeri. Nel 2020, l’industria fieristica italiana ha perso l’80% del fatturato, sceso drasticamente a 200 milioni di euro. Un danno enorme con ricadute pesanti sulle categorie economico-professionali collegate agli eventi e che sui territori che hanno patito l’azzeramento dell’indotto derivante dall’attività fieristica. Sul fronte delle manifestazioni, il calendario 2020 è stato caratterizzato dall’annullamento o dallo spostamento, o ancora dalla migrazione sul digitale della quasi totalità degli eventi in calendario che, a inizio anno, prevedeva 224 manifestazioni internazionali e altrettante nazionali, al netto di quelle regionali e/o locali e di quelle organizzate all’estero. Ad oggi le fiere sono ancora chiuse per effetto del Dpcm del 24 ottobre scorso. Una misura che, proprio in questi giorni, abbiamo chiesto di rimuovere per consentire una graduale ripresa delle attività fieristiche in tutta sicurezza. Ricordo che gli organizzatori fieristici non solo hanno adottato il protocollo safety care di AEFI – che per altro è stato ulteriormente implementato e aggiornato ed è in fase di ulteriore approvazione da parte delle autorità competenti – ma si sono tutti dotati di ulteriori regole redatte su misura a seconda dei quartieri. Uno sforzo congiunto per garantire il business in presenza e in sicurezza che ora andrebbe considerato per farci riaprire i tornelli.
Le tecnologie digitali e lo streaming stanno offrendo al vostro settore alcune soluzioni innovative per la realizzazione di vere “fiere virtuali”, con stand online ed avatar per espositori e visitatori. Cosa ne pensa? Il mercato come ha recepito questa opportunità?
In generale, durante l’emergenza il fenomeno dell’attivismo digitale è stato sicuramente una valida alternativa alla privazione della socialità, dei contatti fisici e della connessione diretta. Nonostante la chiusura, e quindi l’assenza di ricavi, le fiere hanno fortemente investito per accelerare una transizione digitale che era già iniziata sul fronte dei servizi a espositori e visitatori. La programmazione delle fiere da ‘remoto’ ha permesso soprattutto alle Pmi di mantenere il posizionamento sui mercati e di continuare a promuovere il proprio business. Se è vero che la pandemia ha costretto le aziende ad accelerare sulla trasformazione digitale è anche vero che nel 2020 solo il 14% delle piccole e medie aziende ha adottato un approccio strategico alla digitalizzazione. Quindi il sistema fieristico, anche in questo caso, è stato facilitatore del business. Il mercato ha sicuramente recepito questa opportunità, ma di certo non l’ha assolutizzata; vi è la consapevolezza e anche l’aspirazione a tornare presto in modalità live.
In questo periodo di blocco delle attività espositive, molte fiere hanno lanciato delle “digital edition” per presidiare comunque il loro settore e mantenere i contatti con le rispettive community. Secondo lei, qual è il bilancio di queste iniziative? Ritiene che siano esperienza dovute solo al periodo contingente, oppure che potranno proseguire anche nel futuro?
Il bilancio è sicuramente positivo e va inquadrato nella situazione emergenziale che ancora stiamo vivendo. Le fiere non possono vivere senza gli eventi fisici; la presenza e le relazioni umane e professionali sono presupposti imprescindibili, direi anche propedeutici alla digitalizzazione stessa. Il patrimonio di conoscenze, strumenti e innovazione non andrà perso. Credo che la digitalizzazione potrà integrare ma non sostituire il valore aggiunto delle fiere, in cui ogni anno si concludono affari per 60 miliardi di euro e da cui originano quei contatti strategici che si traducono nel 50% delle esportazioni.
La piattaforma Eventpage.it vuole mettersi al servizio anche del mondo delle fiere: è un’unica grande directory sulle innumerevoli proposte presenti oggi in rete, spesso non facilmente reperibili. Che cosa ne pensa?
È una iniziativa utile a sostegno degli eventi e quindi anche delle fiere. Disporre di una directory complessiva dell’offerta di questo settore e delle filiere collegate è sicuramente importante.
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